The Good Mothers, quando le donne si schierano contro la ‘Ndrangheta
Vincitrice della prima edizione “Berlinale Series” al Festival di Berlino, The good mothers arriva il 5 aprile sulla piattaforma di Disney+. Tutto parte da una storia vera, quella di Lea Garofalo scritta minuziosamente dal giornalista americano Alex Perry che, nel suo romanzo, racconta le vicende che hanno coinvolto la donna che osò sfidare la ‘Ndrangheta agli inizi del 2000. Testimone di giustizia, vittima di un sistema patriarcale e possessivo, la donna aveva deposto contro il marito e gli affari illeciti della sua famiglia.
Si è svolto A Roma l’incontro con le interpreti di questa storie: attrici che hanno indossato dei panni scomodi che non devono essere dimenticati. Nelle sei puntate dirette da Julian Jarrold e da Elisa Amoruso viene trattato un argomento da sempre soggetto dei crime italiani, ma con un punto di vista inedito. L’obiettivo è quello di riuscire ad indagare l’intimità delle donne di mafia da sempre in secondo piano all’interno delle diverse rappresentazioni
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Attraverso le cupe atmosfere di una Calabria intrinsecamente legata al sangue, dunque, si riesce a parlare della ricerca della propria libertà così da poter trovare una via di fuga da un sistema che difficilmente lo permette. Donne che agiscono internamente perché poste davanti a dei bivi morali e sentimentali. Madri che devono lottare per riuscire a preservare l’integrità dei propri figli davanti a uomini psicologicamente coercitivi. Le minacce, le poche alternative tra vita e morte, che si contrappongono alla ricerca di una speranza.
La “freschezza” di questa serie, dunque, risiede proprio nel suo particolare punto di vista, come lo stesso Jarrold ha dichiarato durante la conferenza stampa, “attraverso lo script di Stephen Butchard mi sono reso conto di quanto potente fosse questa organizzazione, non soltanto al sud, ma dà per tutto, e anche il fatto che avessero queste strutture familiari, sociali veramente molto arcaiche e soprattutto la storia di queste donne che sono riuscite a sfuggirvi. La storia è assolutamente drammatica e vivida, pensavo che saremmo stati in grado di coglierne l’autenticità e che avrebbe funzionato molto bene come serie. Tanti film e serie tv hanno trattato la criminalità organizzata sotto il punto di vista maschile, così, veniva esaltata la violenza fisica. Qui la violenza è nascosta e si cerca di catturare una costante tensione strisciante. Cogliere il modo di agire di queste donne, di pensare, era fondamentale”.
Del resto, le motivazioni per cui è stata premiata a Berlino sono state dettate dalla veridicità e dalla drammaticità del racconto. Il tentativo era quello di riuscire a catturare la gravità delle atmosfere nella quale queste donne hanno vissuto (e continuano a vivere). Braccate costantemente da uomini che scambiano l’amore per possesso, come ha sostenuto Francesco Colella interprete di Carlo Cosco: “di solito un attore non dovrebbe mai mostrare la fatica. Io ho provato repulsione per il personaggio che ho interpretato. Avevo la necessità di rigettarlo a fine giornata. Sembra che dietro questi uomini ci siano grandi storie di criminalità, ma invece c’è solo un grande vuoto dello spirito. Confondono l’amore col possesso. Vivono le loro relazioni con fini utilitaristici. Non posso controllare l’effetto del mio lavoro, ma non volevo che il pubblico ne fosse sedotto o tratto, al contrario, volevo che provasse repulsione”.
Disney+, quindi, si connota con un prodotto che adotta tonalità quasi noir addentrandosi nei rapporti con uomini assassini. Un mondo apparentemente lontano secoli, ma che in realtà è più tangibile e odierno che mai. La fiction, quindi, beneficia di questo sguardo particolareggiato riuscendo a parlare del coraggio di tradire. Perché l’essere madre non è solo il ruolo archetipico della donna, ma in questo caso funge da spinta necessaria per agire. Il tutto diviene quasi un’attenta partita di scacchi, dove la violenza resta congelata perché basta un passo falso per avvertire sottopelle il pericolo.
Micaela Ramazzotti, nei panni di Lea Garofalo, ha dichiarato che: “lei ce l’ha messa tutta per poter scappare, ma in qualche modo ha dato forza e coraggio a sua figlia per poter testimoniare contro suo padre. Il cinema ci fa ridere, ci fa piangere, ci fa emozionare, questa serie spero che in qualche modo possa dare il coraggio di ribellarsi a certi ambienti feroci in cui magari nascono, crescono e muoiono”. Perché si, la rete sociale nella quale queste donne sono inserite le ingabbia all’interno del loro ruolo.
Importanti le parole di Valentina Bellè sulla sua Giuseppina Pesce: “è un sistema educativo e culturale quello in cui crescono, per cui non è per niente scontato. Regola di ‘Ndrangheta: le donne colte con l’amante devono morire. Giuseppina è impossibilitata a tornare alla propria vita perchè sa quale sarebbe la sua condanna, di conseguenza l’incarcerazione diviene l’unico modo per poter prendere coscienza di ciò che le sta succedendo. Ha avuto dei ripensamenti, il suo è un percorso faticoso e zoppicante, ma trova la sua forza nel rendersi conto che i propri figli venivano manipolati in sua assenza. La rabbia è l’emozione a cui Giuseppina si è aggrappata per poter riuscire ad uscirne”.
Le donne, dunque, come cavallo di troia inserito dal fato nel momento giusto per agire. Attimo che viene colto dal PM interpretato da Barbara Chichiarelli: “sicuramente Anna Colace inizia la sfida all’Ndrangheta, una delle società più chiuse rispetto a tutte le società criminali, capendo anche che le prime rotture in questa società c’erano già state. Lei comprende che queste donne non rivelino tanto qualcosa di importante, ma che possano essere un esempio. Perchè l’esempio è qualcosa che si può replicare”.
Infine, Gaia Girace ha dichiarato che: “un personaggio realmente esistito con un vissuto così importante, è stata una bella sfida. Si è ritrovata anche da sola per dare giustizia a sua madre, ha lottato contro la propria famiglia. Lo ha fatto per l’amore materno e per il legame con lei. Mi sono documentata il più possibile per poter fare una mia versione il più possibile vicino alla realtà”.