L’esorcista del Papa, tremendo ma speriamo arrivi il sequel

L’esorcista del Papa è uno di quei rari film che mi fa davvero invidiare il pubblico statunitense. Ok, invidio al pubblico d’Oltreoceano anche la quantità di sale IMAX presenti nel loro paese e la qualità media dell’impianto audio e video di cui possono godere, ma questa è un’altra storia.

Il film di Julius Avery per il pubblico italiano risulta parecchio impegnativo, come spesso accade quando ci si ritrova in un luogo particolare: l’Italia cinematografica, quella immaginata e ricostruita attraverso gli occhi statunitensi. Un luogo mistico, esotico e soprattutto del tutto immaginario, con cui spesso lo spettatore che si trova nella vera Italia al momento della visione fatica a riconciliarsi.

Figuriamoci poi se lo spettatore in questione si ricorda com’era fatto e cosa diceva il vero padre Gabriele Amorth, di cui L’esorcista del Papa sostiene di voler raccontare le memorie. Pardon, la vera storia raccontata dal più famoso esorcista vaticano degli ultimi decenni nei suoi numerosi libri (che sono belli, come tiene a ricordarci più volte il film). Difficile riconciliare l’anziano uomo di fede autore di alcune delle più controverse dichiarazioni televisive su svariate tematiche sociali, religiose e politiche degli ultimi anni con il corpulento fisico e australiano faccione di Russell Crowe.

Tuttavia questo film richiede parecchie professioni di fede per essere goduto: quella a Crowe prete italiano amante dell’espresso doppio che mai berrebbe un cappuccio di pomeriggio durante un importante incontro con i vescovi che vogliono togliergli il mandato da capo esorcista vaticano mi sento di sottoscriverla, perché ne vale la pena.

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Di cosa parla L’esorcista del Papa

Russell Crowe dunque interpreta padre Gabriele Amorth. Scomparso nel 2016, Amorth fu il fedele braccio destro del Papa e capo esorcista vaticano. La vecchia guardia vaticana del film crede nel male come entità fisica da combattere, che insidia le anime con possessioni demoniache e manifestazioni varie di Satana. Chiunque abbia mai sentito parlare padre Amorth in TV sa che questa parte è piuttosto realistica.

Il realismo però finisce qui, considerando che il Papa senza nome del film (in teoria dovrebbe essere Giovanni Paolo II) è interpretato da un fascinoso Franco Nero. Ancora una volta: è una visione incredibilmente più ricca, talvolta problematica, per il pubblico italiano.

È il Papa a incaricare Amorth di andare in Spagna, presso un’antica abbazia ormai diroccata che una famiglia statunitense ha ricevuto in eredità e sta ristrutturando. Non temendo né il demonio né dolorini di varia natura, Amorth si fa Italia – Spagna sulla sua Vespa d’ordinanza, a quanto pare in una notte, ritemprandosi con la sua fiaschetta di whiskey.

Una volta arrivato si trova di fronte a una situazione drammatica: una madre vedova con due figli, una famiglia spaventata. Il piccolo Henry è posseduto da un demone davvero potente e insidioso. Con l’aiuto del giovane curato locale, Amorth dovrà scoprire il nome del demone, in modo da poterlo indebolire e scacciarlo.

I tuoi peccati ti troveranno, è il monito del film. Il demone infatti può fiutare i peccati che tormentano le anime e utilizzarli per creare visioni ingannatrici o semplicemente per insultare chi tenta di scacciarlo. Amorth non sa che in realtà l’abbazia custodisce un mistero che rende la sua sfida ancora più complicata.

Cosa funziona e cosa no in L’esorcista del Papa

Stavolta l’impressione è che, pur avendo parvenza di horror religioso con tanto di tutti gli stilemi della possessione demoniaca (vomito e sangue, corpi che si piegano in pose innaturali, voci maligne che bestemmiano, violenza e lividi), L’esorcista del Papa miri a essere altro.

Come film di paura e tensione, non è davvero granché. Qualche jump scare nella manica ce l’ha, propone una certa varietà di visioni orrorifiche create con effetti speciali e pratici, ma nella sostanza siamo lontanissimi dal creare vera inquietudine.

Più stuzzicante invece è il tentativo di tirare in piedi una sorta di secolare complottone religioso, su cui ovviamente non mi dilungo per evitare di rovinare la sorpresa ai futuri spettatori. Siamo dalle parti di Dan Brown, l’autore di Il Codice DaVinci. D’altronde on c’è nulla come il Vaticano e la tradizione cristiana per ispirare dietrologie spericolatissimenell’immaginare complotti e trame per far risorgere il maligno.

L’esorcista del Papa in questo senso arriva ad assolvere la Chiesa dalla responsabilità di uno dei suoi periodi più cupiincolpando in sua vece il demone di turno, per giunta dopo averci assicurato che quel che narra è ispirato “ai libri autobiografici di Gabriele Amorth che raccontano una storia vera”. Se ho mai visto un film che calza a pennello la definizione di “farla fuori dal vasino”.

Tuttavia Russell Crowe è così affascinante, così perfetto nei panni del prete italiano estremamente comprensivo e molto pragmatico nel combattere i demoni e consolare gli afflitti, condendo con un po’ di whiskey preghiere in latino e acquasantiere, che è impossibile resistergli. Sin dalle prime scene il film sfonda il muro del ridicolo, ma lo fa con tanta convinzione da spingersi nel territorio dell’oltre. Tanto che alla fine risulta divertente.

Certo bisogna apprezzare questo tipo molto particolare di pellicole, quelle in cui un buco di trama riguardante il Papa che si sente male e vomita può diventare un golosissimo indizio di cosa di ancor più assurdo potrebbe succedere in un eventuale sequel, che i realizzatori evidentemente sperano di realizzare.

Che dire? L’esorcista del Papa ci prende così tanto gusto nel spararle grosse a tema possessioni, Vaticano e dintorni, che viene da sperare che il sequel di questo film tremendo arrivi, prima o poi.

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