Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri ruba da tutti ma potrebbe diventare la sorpresa del 2023
Preparatevi a sentire parecchi frasi fatte sulla falsariga di “gli artisti mediocri copiano, i grandi rubano” perché il film di Dungeons & Dragons è un autentico furto. Fa abbastanza sorridere che la pellicola s’intitoli L’onore dei ladri, quando sia a livello visivo sia come sceneggiatura saccheggia ogni titolo fantasy e avventuroso visto in TV e al cinema negli ultimi due decenni, con qualche incursione nei blockbuster d’antan degli anni ‘80 e ‘90.
Eppure è davvero impossibile prendersela con il film del duo Jonathan Goldstein – John Francis Daley perché funziona, eccome. È un blockbuster davvero riuscito, che sbaglia poco e il cui unico difetto è davvero non aver creduto abbastanza nel proprio potenziale per tirare fuori un film capace di cambiare le carte in tavola, come quelli da cui copia a piene mani. Poteva essere il nuovo Harry Potter? L’impressione è quella e, se dovesse dare il via a una saga, il potenziale per arrivare a quel risultato c’è.
Sicuramente Dungeons & Dragons – l’onore dei ladri ottiene un successo nella difficile missione di tirar fuori un film che sia un convincente avvio di franchise. Basato sull’omonimo gioco di ruolo che ha appassionato generazioni, riesce a pescare a piene mani dai meccanismi ludici e narrativi che hanno reso D&D un successo longevo. Se dovessi fare un ipotesi in merito, direi che i giocatori e i fan usciranno soddisfatti dalla visione.
La pellicola è però un adattamento molto mediato e ingentilito, pensato per neofiti, ibridato con altri grandi classici dello scenario “fantasy di stampo pseudo medioevale” (high fantasy). La decisione qui è stata quella d’introdurre il pubblico generalista, ovvero coloro che di Dungeons & Dragons non sanno nulla, puntando su un approccio fantasy molto, molto convenzionale.
La storia anche a livello visivo si rifà pedissequamente a quei titoli che l’immaginario fantastico del nuovo millennio al cinema e in TV lo hanno costruito o rinnovato. Il tutto condito con volti molto familiari, che facciano sentire il pubblico già a casa.
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Dal gioco di ruolo al film
Tanto di cappello al quartetto di sceneggiatori: John Francis Daley, Chris McKay, Michael Gilio e Jonathan M. Goldstein. Sono loro i pricipali artefici di ciò che funziona bene in questo film.
La priorità di Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri è regalare al pubblico casuale e generalista un film fantastico che valga la pena di andare a vedere in sala. Se questo titolo ha un difetto è di non dimostrare attraverso il suo trailer, il suo poster o il suo battage mediatico quanto riesca a centrare quest’obiettivo.
La scelta vincente qui è stata quella di usare un canovaccio narrativo tipico del high fantasy, mescolarlo con una trama a un heist movie e poi inserire elementi e meccanismi tipici del gioco di ruolo di Dungeons & Dragons, che è talmente ricco di personaggi e trame da fornire una variabilità infinita di approcci per un adattamento filmico. Probabilmente si è scelta questa strada tra le tante possibili perché l’unione di high fantasy e heist movie ha generato il successo di molti titoli contemporanei. Uno dei più recenti è Tenebre & Ossa, hit letteraria poi divenuta un discreto asso nella manica seriale per Netflix.
Insomma: a livello di personaggi archetipi e un po’ stereotipati dell’universo fantastico, i ladri vanno fortissimo. Ladri sì, ma con un codice d’onore e la battuta sempre pronta: dei Robin Hood con qualche cruccio familiare e personale, dei reietti in cerca di redenzione che creano la propria famiglia non di sangue, ma di scelta. Etnie, sesso, età e scopi differenti, ma un codice di condotta comune.
In altre parole quella scelta da L’onore dei ladri davvero la base delle basi di ogni blockbuster contemporaneo. Qui a guidare le danze c’è un Chris Pine che più invecchia, meno si prende sul serio e più funziona e risulta fascinoso. In Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri il suo persoanaggio è un cantastorie vedovo che si lascia andare al dolore della perdita, rinnegando la sua indole d’arpista per diventare ladro.
A salvarlo è Holga, una guerriera manesca e brusca interpretata da Michelle Rodriguez. Anche lei ha problemi matrimoniali, a cui si aggiunge il dolore di essere stata rinnegata dalla sua tribù per seguire un uomo con cui poi non ha funzionato. C’è poi uno stregone che non crede in sé stesso interpretato da Justice Smith (Detective Pikachu) e da una tiefling cresciuta da un’enclave elfica interpretata da Sophia Lillis (IT e Sharp Objects).
A rubare la scena però ci sono tre personaggi di contorno che si aggiudicano ruoli davvero memorabili. Il primo è uno Hugh Grant che si conferma meno serioso che mai nei panni di un truffatore vanesio e fondamentalmente stupido, a cui è impossibile staccare gli occhi di dosso. L’ex duca di Bridgerton Regé-Jean Page nei panni di un paladino senza macchia e senza ironia può mettere a frutto il suo lato sexy senza rinunciare alla comicità. Occhio anche al cameo davvero, davvero sorprendente di Bradley Cooper.
In tutto questo dove finisce Dungeons & Dragons? I meccanismi di gioco contribuiscono a donare personalità al film, divenendo anche benzina per alcune delle sue migliori gag. Nella pellicola appare per esempio il celebre incantesimo che fa resuscitare i morti e consente loro di porre 5 domande, con esiti davvero divertenti. Non solo: c’è anche la precisa volontà di citare la serie televisiva interrotta sul più bello quanche anno fa, con un easter egg che riaccenderà le speranze dei fan.
Perché vedere Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri
Anche il duo registico di John Francis Daley e Jonathan M. Goldstein tira fuori un lavoro convincente, ancorché spiazzante per la quantità di influenze che riesce a rimasticare. Dire che Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri sia un film derivativo è riduttivo: è proprio un collage di idee visive, composizioni di singole scene o movimenti di camera presi di peso da altri film e adattati il minimo indispensabile per essere riutilizzati qui.
Il furto principale, un vero e proprio saccheggio, avviene ai danni della trilogia dell’Anello di Peter Jackson. C’è una lunga sequenza sotterranea in questo film così simile al cammino della Compagnia nelle miniere di Moria da far sembrare L’onore dei ladri una parodia. Neverwinter invece sembra un incrocio tra i set dei film di Jackson e quelli della serie spin-off di Prime Video.
Sul fronte dei cattivi la somiglianza visiva tra il super villain del film e Voldemort (compresa la mancanza di naso) toglie il fiato. Di fatto i maghi rossi di D&D sono così simili ai Mangiamorte che è un sollievo che abbiano scelto il porpora e non il nero come loro colore distintivo.
A stupire è la sfrontatezza con cui certi elementi vengono presi e inglobati nel film senza nemmeno tentare di nascondere la loro provenienza. Certi montaggi veloci di Edgar Wright sono chiaramente un punto di riferimento per Daley e Goldstein in fatto di comicità visiva. Non mancherà qualche esclamazione di sorpresa in sala quando vedrete come i due ricalchino il celebre movimento di cinepresa che mostra gli Avengers uniti, schiena contro schiena, nel film di Joss Whedon. Una delle gioie di questo film è sicuramente quella di riconoscere e commentare a bassa voce con i propri amici nerd vicini di posto questo o quel “prestito”.
Eppure questo collage di “influenze” funziona alla grande. Pur avendo una storia già vista e non particolarmente interessante, Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri appassiona e diverte. È forse il singolo momento d’escapismo avventuroso e fantastico più riuscito visto in questi primi mesi in sala. Si ha davvero l’impressione di fare un viaggio, si ride e ci si diverte molto. Chi è alla ricerca di svago ne rimarrà davvero colpito.
Non solo: i personaggi riescono a conquistare da subito lo spettatore. Non lasciano indifferenti, pur non avendo grandi storie da raccontare. Persino la trama relativa ai maghi rossi è talmente vaga e confusa che non si capisce bene dove si voglia andare a parare. Insomma, c’è questo esercito di pseudo zombie che ha occupato una certa porzione di continente, giusto? Eppure l’atmosfera sembra assolutamente rilassata e gioiosa.
Pur non buttandola mai troppo in caciara, pur impegnandosi davvero per dare al pubblico un titolo ben fatto, Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri ha il fatale difetto di non credere abbastanza in sé stesso per spiccare il volo e diventare il titolo che ridefinisca il fantasy in questo decennio. Eppure, qua e là, l’impressione è che ne abbia sia le facoltà sia le potenzialità.
Manca una trama forte, ma D&D è un gioco di ruolo che può davvero dare infiniti spunti in questo senso. Manca soprattutto una visione forte, originale, capace di prendersi davvero rischi, come fecero NewLine con Peter Jackson e Warner Bros con Harry Potter. Chi non risica non rosica: se Dungeons&Dragons vuole diventare un fenomeno, deve smetterla di scimmiottare gli altri e trovare un’identità sua.
Tuttavia ha già ottenuto un ottimo risultato: in compagnia dei protagonisti di questo film viene già da dire che andremmo davvero ovunque.